Si chiama affective computer (AC) ed è un ramo specifico dell’intelligenza artificiale.
Il suo obiettivo è realizzare macchine che siano in grado di riconoscere ed esprimere emozioni. Rosalind Picard, direttore del gruppo di “Calcolo Affettivo” (Affecting Computing Research) del MIT, in un’intervista spiegò che il “calcolo affettivo” definisce “il settore che si occupa dei calcolatori che sono in grado di riconoscere, esprimere e generare progressivamente emozioni umane”.
Quindi non più solo computer intelligenti in senso logico, ma anche in senso emotivo. D’altra parte, da Daniel Goleman in poi, l’essere umano non può più essere definito intelligente in senso completo se non si tenga conto anche della componente emozionale. E’ incredibile pensare che tale concetto valga oggi anche per i calcolatori.
Ma approfondiamo come si stanno sviluppando gli studi sull’AC: essi ruotano intorno a quattro possibili dimensioni applicative che, in ordine di “intensità” riguardano:
- Esprimere le emozioni: concerne principalmente l’implementazione di volti digitali capaci di riprodurre espressioni emotive e quindi di comunicare emozioni imitando le caratteristiche principali delle espressioni emotive umane;
- Riconoscere le emozioni: in questo caso l’obiettivo è quello di riconoscere lo stato emotivo dell’utilizzatore per fornirgli la giusta risposta. Gli indicatori più utilizzati sono il linguaggio non verbale, il registro vocale e le microespressioni facciali, oltre a diversi parametri fisologici;
- Manipolare le emozioni: si tratta di studiare come la macchina possa influenzare lo stato emotivo di un soggetto durante un’interazione (lascio ai lettori le implicazioni etiche di questa parte);
- Effettuare una sintesi emotiva: a questo livello, la complessità aumenta di parecchio. L’obiettivo è quello di costruire un apparato che sia in grado di “provare” emozioni coerenti con le sollecitazioni esterne, proprio come un essere umano.
Le possibili applicazioni di una tecnologia così potente come quella che stiamo raccontando spaziano dalle vendite al marketing, alla mobilità, all’insegnamento, alla cura delle persone sia fisica che psichica ed ognuno di questi utilizzi avrà risvolti etici dei quali magari ci occuperemo in un prossimo articolo.
C’è dunque chi sta scommettendo miliardi di dollari che probabilmente, in un futuro non tanto lontano, il computer potrà provare anche empatia, forse addirittura affetto e, perché no, amore.
Un robot ben addestrato da persone “emotivamente intelligenti” potrà dunque insegnare a noi esseri umani (che paradosso “circolare”!), come si possa vivere e lavorare per il bene comune? Forse è possibile, ma in attesa dell’invenzione più bella dopo lo spirito umano, tocca ancora a noi regalare al mondo emozioni positive come speranza, gioia e soprattutto amore: mettiamocela tutta!
Andrea Modena per Emotional Power