Comunicare con la popolazione in tempi di Epidemie
Il 17 marzo 2020 nel pieno della crescita dei contagi e della quarantena per contenere la diffusione del coronavirus covid-19 ho avuto uno scambio sui social che può dare una utile chiave di lettura per capire come e perché si usano la paura e le bugie bianche per il bene della collettività e della Nazione.
Malauguratamente quasi nulla è gratis, e anche in questi casi c’è purtroppo un prezzo da pagare. Il tentativo è quello di minimizzare i danni. Ma non è così facile pagare il prezzo più basso.
Ecco gli scambi con la mia interlocutrice
LEI: Antonio io trovo giusto essere informati ma il “virus della paura” è pericoloso , non trovi?
IO: La Paura è un’emozione e le emozioni sono utensili, strumenti che la natura ci ha dato per aumentare le probabilità di sopravvivere.
Quindi dipende da quando e come la paura viene usata.
Nel frangente attuale la paura – emozione primitiva e istintuale che ci fa sopravvivere ai pericoli – sta purtroppo funzionando poco visto che il picco stimato di contagi era previsto per il 18 marzo è invece è stato raggiunto con due giorni d’anticipo.
Purtroppo chi è lontano dai focolai più gravi, Bergamo, Brescia e le altre zone ad alto tasso di contagio, non ha ben presente la minaccia che vive chi sente passare una ambulanza ogni 10 minuti. Non rispetta le regole perché il pericolo lo sente lontano. O addirittura non lo sente affatto.
Quindi la paura è corretto usarla quando serve al suo scopo naturale di aumentare lo stato di vigilanza e di concentrazione per farci sopravvivere.
Quando invece si trasforma in panico o in terrore (ad esempio nel caso di terrorismo) allora è usata in modo deviato.
Se il pericolo non è percepito come imminente il cervello umano non lo valuta come degno di rilievo. Per questo la prevenzione incontra tante difficoltà e si deve mantenere un alto stato di allerta, anzi di allarme.
L’informazione pura e semplice non ha la forza di muovere le persone ad azioni efficaci: ti sembrerà strano ma è naturale.
Per questo chi deve usare le emozioni per convincere una nazione ha la responsabilità etica di come le usa nella organizzazione dei messaggi.
In questo momento la paura è l’emozione adeguata per il tipo di situazione. Le 11 pagine di necrologi sul giornale di Bergamo non sono sufficienti ad innescare comportamenti virtuosi. L’informazione non basta!
Secondo te, quante persone sanno valutare correttamente le informazioni senza cadere nelle tipiche trappole mentali? (Pregiudizi, credenze, luoghicomuni, percezioni ingannevoli, generalizzazioni, etc)
Quanti individui sanno depurare le informazioni dalle false notizie?
In quanti sanno approfondire la materia per crearsi una opinione basata su ragionamenti razionali e su dati sufficientemente verificati?
LEI: Ma sai bene che questo è lo strascico di una incuranza a posteriori. In quarantena ci siamo da una settimana….continuare a terrorizzare non aiuta.
IO: per incuranza a posteriori cosa intendi?
LEI: che hanno chiuso le gabbie dopo che le vacche sono scappate.
IO: effettivamente sembra che sia così.
Ti dico anche che c’è anche da considerare altri aspetti come ad esempio come formulare i messaggi senza innescare il panico in una popolazione che, solo in Lombardia, è di 11milioni di abitanti.
A volte non è facile “non dire” tutto subito, ma sei quasi costretto a farlo per evitare che le reazioni possano essere più disastrose del problema stesso.
Poi, mettere d’accordo tutte le parti in causa, ha probabilmente generato qualche ritardo. Ma se noti in tutti i paesi hanno iniziato gradualmente a preparare la popolazione e poi sono andati in crescendo. Altrimenti hai grossi problemi di ordine pubblico. Purtroppo è una situazione dove vanno bilanciati delicati equilibri, e le folle in preda al panico non le governi agevolmente.
Se hai notato, in molti paesi europei a noi vicini, la strategia di comunicazione per parlare a milioni di persone è stata grosso modo la stessa.
- Prima fase: minimizzare.
- Seconda fase: incominciare a rivalutare quanto detto per preparare il passo successivo
- Terza fase: dare speranza e infondere fiducia
- Quarta fase: incominciare gradualmente con forti misure, ma in zone periferiche
- Quinta fase: usare i primi dati allarmanti per dare evidenza di essere stati costretti dalle circostanze a cambiare strategia.
- Sesta fase: applicare misure restrittive che addirittura la popolazione desidera e reclama. Una parte della popolazione diventa addirittura polizia di quartiere e protettore dell’ordine. Anche comportamenti legittimi vengono tacciati di scorrettezza. Sacche statisticamente minoritarie di irriducibili che non rispettano le norme vengono percepite come rappresentative anche della maggioranza virtuosa. Si corre il rischio di fanatismo.
- Settima fase: mantenere alta la tensione per evitare che la folla cambi repentinamente e anticipatamente comportamento.
LEI: caspita non avevo presente che le folle non ragionano e potrebbero causare ulteriori problemi. Adesso mi è più chiaro. Grazie.
IO: prego.
Bene, spero di aver contribuito almeno un po’ alla comprensione dei comportamenti di chi si trova a gestire situazioni come queste in cui va sconfitta la malattia mantenendo una ordinata società civile. Paura e bugie bianche servono a questo.
Antonio Meleleo