La frustrazione è l’emozione del progresso
Nella mia esperienza quotidiana ho osservato che il motivo per il quale la Natura ci ha dato la frustrazione è per far sì che non ci si arrenda di fronte ai primi fallimenti e si perseveri fino ad uno risultato utile. Il suo peggiore antagonista è il giudizio di sé, l’autostima.
Spesso mi sono posto una domanda: perché un bambino piccolo ci mette meno di un adulto ad imparare ad usare un tablet? Qual è la motivazione che lo spinge? Da quale emozione sta fuggendo e quale emozione vuole provare? (ne ho parlato in quest’articolo)
In quest’articolo voglio darti dei suggerimenti per identificare lo stato di frustrazione e vincerlo in 6 passi.
Cos’è la frustrazione per un bambino e per un adulto …
Il bambino piccolo che sta sperimentando il mondo prova solo frustrazione, ma non si fa bloccare dal giudizio e non si vergogna se sbaglia. Madre Natura sa che per imparare, cioè per sopravvivere, la vergogna non serve; quindi il bambino tenta tutte le strade possibili fino a quando non trova la soluzione passando velocemente attraverso gli errori. L’adulto invece già al secondo tentativo fallito vorrebbe arrendersi. A mio modo di sentire due sono i motivi principali, uno afferisce alle emozioni secondarie della adeguatezza e l’altro ad un vizio. Nel primo caso l’adulto viene bloccato dal giudizio di sé o da quello degli altri e quindi si sente stupido, inadeguato, potenzialmente escluso; e questo non gli piace e molla il colpo. Nel secondo caso invece cede al vizio della pigrizia; cioè si trova una serie di alibi per non agire. L’accidia non è di per se un male, lo diventa solo quando blocca l’apprendimento di nuove strategie più efficienti.
Pensando agli smartphone ritengo che il loro successo sia dovuto essenzialmente al fatto che gestiscano questi due fattori emotivi: l’autostima e la pigrizia. Se vi va provate a pensare quali emozioni hanno gestito le altre invenzioni epocali della storia.
Impulsività, Frustrazione e Resilienza: quali connessioni tra loro
Ma torniamo brevemente alle emozioni della adeguatezza: vergogna imbarazzo, giudizio di sé e soggezione per un breve avvertimento. Così come sono utili per una convivenza sociale “educata” ed inclusiva, all’opposto possono essere la fonte di blocchi comportamentali a volte pericolosi. Esse infatti, se vissute nell’occasione sbagliata, pongono dei limiti allo sviluppo umano perché bloccano il processo creativo innescato dalla FRUSTRAZIONE e mettono in crisi la RESILIENZA, cioè la capacità di adattamento – in termini ecologici può essere definita come la velocità con cui un individuo, una comunità o un sistema ritornano ad uno stato di equilibrio dopo essere stati sottoposti ad una alterazione che li ha allontanati da quello stato.
La FRUSTRAZIONE se non correttamente canalizzata è una delle origini principali di un’altra emozione primaria: la rabbia che si può manifestare in vari modi. L’impulsività è quello di cui vi voglio parlare in questo post; altro potete trovarlo in questo mio articolo.
L’IMPULSIVITÀ è quella reazione ad uno stimolo esterno o interno che porta a prendere decisioni senza un attento controllo razionale; attraverso quella che Freud chiamava la via primaria e che altri chiamano la “via bassa” o “via breve”. Si salta la mente razionale e si mette in atto un comportamento esclusivamente emotivo o automatico.
Il Neuromarketing in fondo sta studiando proprio questi meccanismi, vuole trovare delle risposte a domande del tipo:
Come avvengono gli acquisti di impulso?
Se capisco come stimolare la parte più antica del cervello attraverso i cinque sensi sarà più facile far acquistare i miei prodotti?
Quando comunico la mia marca e il mio prodotto come devo articolare i messaggi affinché siano più efficaci ?
L’impulsività nasce come un comportamento reattivo ad un pericolo che può salvare la vita, tuttavia quando si trasforma nello sfogo ad una situazione di forte stress potrebbe causare dei corto circuiti fino ad arrivare a comportamenti maniacali – pensiamo ad esempio alla dipendenza da shopping o ai frequenti litigi in famiglia generati proprio dalla frustrazione.
La frustrazione e gli ormoni
Secondo alcune ricerche di neuromarketing una persona rapita dalla frustrazione può agire in modo impulsivo per un bisogno interno di mettere in pratica le sue idee, correre dei rischi inconsapevoli, cercare esperienze nuove, trovare l’appagamento, perché in balia di una overdose di ormoni.
Sembra che l’impulsività si accompagni alla produzione di elevati quantitativi di dopamina e probabilmente ad altre endorfine che, secondo alcune ricerche, sono molto importanti nel meccanismo della ricompensa e si vanno a catalizzare nelle zone del nucleo accumbens e dell’insula. Quindi il comportamento impulsivo, attraverso la produzione di ormoni gratificanti, diventa una via per produrre ormoni antagonisti di quelli tipici dello stress ad esempio il cortisolo.
Ma allora essere impulsivi è un bene? Come al solito la risposta è: dipende.
6 passi per vincere la frustrazione
Diciamo che per evitare le conseguenze indesiderate dei comportamenti impulsivi l’allenamento è fondamentale. Si può ottenere attraverso un percorso educativo che si articola in alcune fasi e che passa attraverso quella consapevolezza che consente di attivare le parti più razionali del nostro cervello.
Le fasi principali sono:
1. Identificare e nominare con precisione le emozioni
2. Valutare l’intensità emotiva
3. Controllare la reazione e posticipare la gratificazione
4. Controllare gli impulsi e ampliare le possibilità di reazione
5. Ridurre lo stress
6. Separare emozioni e azioniLa frustrazione è l’Emozione del progresso, l’Impulsività è una reazione per uscire dalla frustrazione, la Resilienza è il risultato dei tentativi di adattamento.
Possiamo allenarci ad abitudini si successo per dirigere gli impulsi verso risultati migliori.
Dopo alcuni anni di ricerca ho sviluppato il Me.To.Do. EmoC® con il quale questo allenamento emotivo diventa realtà.
Buone emozioni a tutti!
Antonio Meleleo