È tanto tempo che rifletto sul tema della vergogna così mi sono deciso a scrivere un piccolo contributo sperando di poter essere di aiuto a chi si ritrovasse nelle situazioni che adesso vi racconto.
Oggi alle 17:30 ho concluso l’ultimo atto di una negoziazione che andava avanti da qualche mese, trovando un buon accordo tra due persone che, a causa della incapacità di gestire le emozioni, stava per arrecare un danno ingente a due piccole aziende. L’emozione principale colpevole del “quasi-disastro” era la vergogna, quindi bisognava disinnescarne il potere deflagrante per entrare in territori più razionali.
I fatti
(i nomi sono, ovviamente, di fantasia) Massimo Decimo Meridio dall’inizio dell’anno ha concesso in locazione un negozio a Pancrazia che voleva spostare la sua azienda in un ambiente più spazioso perché gli affari le stavano andando bene.
Pancrazia, però, dopo il trasloco nota che il cambiamento di sede le ha fatto perdere molti clienti; il fatturato diminuisce drammaticamente e incomincia ad andare in ANSIA.
Sono ormai quattro mesi che non paga l’affitto e la situazione incomincia a sfuggirle di mano. Pancrazia non avvisa Massimo Decimo Meridio; stoicamente si alimenta alla SPERANZA che a breve le cose cambieranno e si nega ai tentativi di contatto “per non perdere la faccia” o se preferite per evitare l’IMBARAZZO.
Massimo Decimo Meridio, già al momento della conclusione del contratto a dicembre dell’anno precedente aveva chiesto a Pancrazia solo una cosa: di essere avvisato se lei non fosse riuscita a pagare in tempo. Ma Pancrazia non ce l’ha fatta a superare la VERGOGNA di ammettere che non aveva i soldi e quindi puntualmente non pagava e non avvisava.
Massimo Decimo Meridio a questo punto non ha né le informazioni né i soldi. Arriva alla fine di ottobre che si sente molto FRUSTRATO e incomincia ad aumentare in lui la RABBIA. Prova più volte al giorno a mettersi in contatto con la sua cliente, sia per telefono che di persona ma Pancrazia si nega, si nega sempre. Allora prova con i messaggi di testo … niente!
Massimo Decimo Meridio vuole proporre a Pancrazia uno scambio merci per venirle incontro, ma siccome Pancrazia non risponde mai neanche alle email, Massimo non sa più come fare a comunicare con lei e persevera fino a quando lei non gli invia un messaggio vocale pieno di astio e orgoglio che diceva così: “MA PENSI CHE IO SIA PROPRIO UNA DEFICIENTE?”.
Massimo mi ha fatto vedere tutti i messaggi e in nessun modo aveva mai messo in discussione l’altra persona né si era permesso di usare offese o minacce. Messaggi precisi, diretti e assertivi: niente più. Invece la mancanza di ascolto della Pancrazia ha fatto scattare la fantasia.
Oggi allora, su richiesta di Massimo, sono andato a mettere insieme i pezzi perché lui mi ha portato da Pancrazia sapendo che oggi finalmente lei sarebbe stata in negozio.
L’analisi delle Emozioni
Pancrazia ci ha accolto nel peggior modo possibile. Un groviglio di emozioni: la disgustosa sorpresa non le è piaciuta per nulla. Ha attaccato verbalmente con l’orgoglio tipico di chi è a terra sanguinante quasi morto ma a parole pensa di poter uscire vincitore.
Se Massimo Decimo Meridio non fosse stato preparato (da me e con me) a gestire
- le offese ricevute (la madre di Pancrazia, detta regina Pandora l’ha chiamato perfino oca giuliva!!! Oca giuliva non si può sentire rivolto ad un omone di 122 chili alto quasi 2 metri: è indecente!);
- la mancanza di riconoscenza;
- l’oltraggio alla sua generosità;
- l’ira nel vedere di essere impotente di fronte a due “povere criste” che ignorano anche le minime basi del diritto (nonostante Pancrazia sia, a suo dire, laureata in legge)
sarebbe successo un disastro.
Una situazione che solo 30 anni fa sarebbe finita con il “rogo delle Sabine”, oggi scatena tempeste perfette solo a livello ormonale: cortisolo a profusione, testosterone impazzito e adrenalina a mille.
Il mio intervento per gestire la vergogna
A questo punto l’obiettivo era di evitare guerre legali che ingrassano gli avvocati e intasano i tribunali e che in casi come questo fanno solo perdere altri soldi e tanto tempo.
La tecnica in questo caso è per me ormai chiara e si sviluppa in 4 step.
- Innanzitutto l’arbitro è imparziale: do subito la dimostrazione di non prendere le parti di nessuno. La giustizia si fonda sull’equidistanza e sull’equità.
- Successivamente intervengo sulle emozioni e aiuto entrambe le parti a ristrutturarle attraverso l’utilizzo di emozioni di avvicinamento (dette anche antagoniste positive).
- Lavoro sugli aspetti di razionalità sulla base di semplici analisi costi beneficio per congelare le emozioni e sono una buona base di ragionamento di concretezza.
- Metto in atto una serie di regole e azioni per evitare alle due parti in gioco di giudicare l’altro; le critiche devono essere rivolte alle azioni e non alle persone. Poi entro nel terreno delle reciproche concessioni, e attivo quei meccanismi di garanzia che consentono un accordo ragionevole e che soprattutto permettono la futura gestione delle emozioni che hanno amplificato il problema: la vergogna, la frustrazione e l’orgoglio.
Nel caso di specie una serie di cambiali è stata un ottimo terreno di incontro.
Se la riconosci la sai gestire
Per saper gestire la vergogna la cosa più importante è riuscire a riconoscerla. Come tutte le emozioni vanno prima riconosciute, analizzate e gestite consapevolmente per migliorare la situazione.
Nell’ambito delle relazioni commerciali spesso la mancata gestione di questa emozione, e di altre a corollario, portano al fallimento.
Questo accade anche, anzi oserei dire soprattutto, nella vita privata.
Qualche parola detta male, un litigio, il messaggio che arriva nel modo sbagliato, generano un meccanismo perverso per cui anziché spiegarsi si lascia perdere. La vergogna prende il sopravvento insieme ad una serie di altre emozioni ed il gioco è fatto.
Buone Emozioni a tutti!
Antonio Meleleo