L’informazione è inutile senza la capacità di trasformarla in conoscenza

Quelle frasi che ti capitano all’improvviso …

Era il 1999 ed ero in procinto con altri due soci di creare una piccola società di informatica quando, parlando del progetto di software che avevamo in mente mi uscì questa frase: “l’informazione è inutile senza la capacità di trasformarla in conoscenza”. Quelle frasi che a volte ti capitano e che si trasformano in aforismi. Siccome ci era piaciuta la prendemmo come uno degli slogan della nostra piccola azienda. In quel caso ci si riferiva al computer che pur essendo pieno di informazioni – nozioni – senza il programmatore che realizzava l’algoritmo giusto non serviva a nulla.

Ebbene, a distanza di 19 anni, questa frase mi torna in mente in modo prepotente mentre leggo un bell’articolo sulla rivista  Mente e Cervello del mese di gennaio 2017 che parla di Jerome Bruner 1915, un grande psicologo e padre della pedagogia moderna, recentemente scomparso. Man mano che procedo nella lettura provo un senso di soddisfazione e di sollievo perché  mi ritrovo perfettamente nel suo pensiero e credo di essere sulla strada giusta.  Quando si intraprendono nuove strade le difficoltà e i momenti di ripensamento sono numerosi e trovare qualche autorevole riferimento che ti dia la forza di proseguire è una energia molto preziosa.

Il Prof Jerome Bruner

Il Prof Bruner era una persona dalla insaziabile curiosità e con un enorme desiderio di indagare la mente umana, unita ad uno straordinario senso critico e ad una grande umanità. Era così presente a se stesso ed umile che un giorno si fermò all’improvviso nel mezzo di una frase e disse “non credo più a quello che sto per dire” e non lo disse.

Fondò un movimento psicologico denominato “New look on perception” per indagare il concetto di mente, rinvigorire gli approfondimenti in questo ambito e chiarire come la percezione sia influenzata da quello che c’è nella mente delle persone.

In un esperimento, a dire il vero non accettato da tutti, dimostrò come la percezione di un oggetto sia influenzata da desideri e aspettative: bambini provenienti da famiglie povere percepivano le monete come più grandi in ragione del loro valore rispetto ad altri bambini che vivevano in contesti economicamente agiati. La sola dinamica stimolo-risposta non era quindi in grado di spiegare tutto il processo percettivo, si passava dall’idea di  soggetto passivo ad un soggetto che invece crea e influenza la realtà che percepisce.

Il formatore “imbandisce una tavola”

Il mio lavoro di docente e formatore o, come meglio preferiscono definirmi le persone che ho avuto in aula, istruttore, mi aveva già portato alla convinzione che l’istruzione non debba adeguare l’individuo al sistema o al modello sociale nel quale si svilupperà la sua vita, ma allenarlo a percorrere nuove strade nel rispetto delle persone che lo circondano.

Detto con parole di Bruner “l’educazione non deve soltanto trasmettere una cultura, ma deve anche portare a contatto con visioni del mondo diverse da quella cultura, e spingere l’individuo ad esplorarle”

Scopo delle varie discipline non è certo di infarcire lo studente di nozioni, ma di fornirgli chiavi metodologiche concrete per la lettura della realtà, per l’uso del pensiero, per l’applicazione concreta nella vita di tutti i giorni per essere autonomo e contribuire alla crescita della società nella quale agisce e vive. Insomma strumenti che gli permetteranno di “andare oltre l’informazione data” e di “trasformare l’informazione in conoscenza”

L’insegnante – formatore – istruttore non ha il ruolo di dare risposte preconfezionate magari troppo semplici e incasellate in test a risposta multipla che lasciano il tempo che trovano bensì, come disse un altro grande padre della formazione Leo Buscaglia, ha il compito di “imbandire la tavola e di presentare le pietanze” – nozioni e metodi – in modo che l’allievo possa avvicinarsi e nutrirsi, non può nutrirlo con la forza. Lo può portare soavemente a desiderare di apprendere, ma non potrà obbligarlo.

Chi si occupa di formare ed educare va quindi interpretato come colui il quale è in grado di sollecitare l’attenzione, la curiosità ed è in grado di imparare dai suoi studenti, servendosi di storie e di domande che sfidino gli equilibri e stimolano la voglia di scoprire e di capire. Questo è secondo me il modo migliore per unire formazione e divertimento tanto caro già ai latini quando dicevano “Ludendo docere” o con un termine che va più di moda oggi l’Edutainment – Educational Entertainment.

Ludendo docere

Nella mia esperienza, il metodo della scoperta scientifica, unito allo stimolo delle emozioni alla base della personalità dei diversi studenti, garantisce un buon successo nella partecipazione attiva alla costruzione della propria conoscenza. È uno strumento molto potente in grado di avvicinare l’avventura alla scuola. Lo studente si avvicina alla materia creando il suo percorso e l’insegnante osserva e guida per condurre con passo sicuro lo studente alla meta evitandogli inutili errori e lasciandolo sbagliare laddove è necessario, per imparare in un ambiente protetto. Il suo modo di imparare diventa così un’abitudine alla ricerca e alla interpretazione delle informazioni che lo accompagnerà per tutta la vita.

E così lo studente imparerà non solo attraverso le storie raccontate dagli insegnanti, ma anche e soprattutto attraverso le storie e le “avventure” che lui si creerà per costruire una conoscenza solida. Una conoscenza organizzata in forma narrativa, che attraverso le emozioni vissute nel processo di apprendimento darà significato alla formazione e ne determinerà la memorabilità.

Le fasi dell’apprendimento secondo il Me.To.Do. EmoC®

Il percorso di formazione prevede alcune fasi principali che facilitano una conoscenza consolidata e facilmente fruibile:

  1. spiegazione (te lo spiego)
  2. osservazione – emulazione (te lo faccio vedere)
  3. partecipazione (ti faccio provare)
  4. creazione di storie emozionanti per la memorizzazione attraverso la ripetizione (lo trasformiamo in una abitudine di successo)

Da vent’anni mi occupo di formazione e ho osservato che l’istruzione  da qualche anno si è orientata verso una eccessiva semplificazione, impoverendo così anche le competenze di base, i cosiddetti fondamentali. Sembra quasi che lo strutturalismo dell’Europa continentale sia stato via via soppiantato dal pragmatismo tipico del mondo anglosassone; a mio modo di vedere si rende necessario un ri-equilibrio.

L’istruzione si può prefiggere mete ambiziose e deve mirare a formare menti critiche in grado di imparare ad imparare o di continuare ad imparare. Tutto può essere insegnato e appreso a qualsiasi età, purché si adoperi il metodo più appropriato.

Buone Emozioni a tutti col Me.To.Do. EmoC®

Antonio Meleleo

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