“Prima il dovere e poi il piacere” e l’esperimento dei marshmallow

Dei proverbi e dei bias cognitivi

Sono quasi vent’anni che mi frulla nella mente una frase che mi disse un mio datore di lavoro. Una frase offensiva che mi fece perdere definitivamente la stima in lui e che suonava circa così:  “Ma smettila di usare i proverbi; vengono citati solo dagli ignoranti che non sanno parlare!”. 

E notate bene che non è affatto mia abitudine abbondare nel citare i proverbi, e chi mi conosce lo sa molto bene. (In questo invece era maestro un mio ex socio che amava abusarne ma purtroppo, avendo poca memoria, li citava sbagliati: “Tanto va la gatta al largo che ci lascia la zampetta”. Oppure ” la goccia che fa traballare il vaso” e ancora “occhio non vede, cuore non vuole”. Erano tra i suoi preferiti. Insomma… Non si poteva sentire!)

Poi, man mano che approfondivo i temi della psicologia comportamentale applicata alle decisioni di acquisto,  mi continuavano a ronzare nel cervello queste due parole: proverbi e bias. 
Come se i miei amici subconscio e inconscio si fossero alleati per indicarmi una strada da seguire per capire quali connessioni utili ci possano essere tra la saggezza popolare di millenaria robustezza e la formulazione moderna di alcuni vizi umani: i bias per l’appunto. 

La suggestione mi diceva che i proverbi erano una soluzione che l’accademia non stava considerando. I miei due suggeritori mi stavano dicendo che i proverbi erano le prescrizioni mediche per evitare di cadere vittima dei propri comportamenti automatici e irrazionali.

I proverbi “prescrittivi” sono il frutto dell’esperienza di miliardi di persone e penso che siano un campione statistico ragionevolmente ampio. Molto più ampio degli esigui gruppi spesso usati per condurre oggi molti esperimenti psicologici dove a fatica si arriva a qualche centinaio di individui osservabili.

I proverbi mi sembrano delle ricette, o se preferite dei comandi brevi e diretti, per evitare di essere vittime di quei comportamenti che oggi la cultura occidentale alla moda descrive con i termini di “bias” cognitivi. 

Se gli scienziati che si occupano di comportamenti stereotipati introducessero la cultura popolare nella loro osservazione probabilmente si renderebbero conto che l’umanità conosce i bias da molto più tempo di quanto loro non pensino.

Quindi, la bella notizia, è che quella stessa inefficiente umanità aveva già trovato gli antidoti. 
Se però la cultura popolare viene attaccata nella sua valenza e viene considerata merce di scarso valore a favore di una istruzione e una educazione improntata su modelli artefatti e nozionistici, diventa evidente la perdita della memoria psicologica di massa.

E la perdita della memoria storica porta a grandi disastri. Ma torniamo al titolo:

“Prima il dovere e poi il piacere” è uno dei proverbi preferiti di mia mamma

che, come molti sanno, io chiamo Benchmark: stamattina verso le 5, mentre dormivo, mi è venuta in mente l’associazione con l’esperimento dei marshmallow* e mi son dovuto alzare a scrivere questo breve appunto. 

Conclusione N° 1: riscopriamo i proverbi per renderci la vita più semplice e ridurre inutili errori da bias (e non son pochi perché ne son già stati catalogati più di 200)

Conclusione N°2 detta anche Conclusione di Mamma Benchmark: figlio mio, usa il buonsenso che ce n’è sempre di meno in giro e vedrai che ti troverai bene. La saggezza popolare è ancora molto utile.

Buone emozioni
Antonio Meleleo

*L’esperimento dei marshmallow fu condotto su un gruppo di bambini per vedere se fosse possibile predire fin da piccoli l’attitudine al successo in età adulta. 
Si presero un gruppo di bimbi e si offrirono loro dei dolci con una proposta alternativa: “ne vuoi alcuni subito o sei disposto ad aspettare per averne di più? 
Chi fin da piccolo era disposto ad aspettare per una ricompensa maggiore, in età adulta raggiunse risultati di realizzazione personale e sociale più consistenti.

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